Trattamento del glioblastoma IDH wild-type: consensus della Societa’ di Neuro-oncologia (SNO) e della Societa’ Europea di Neuro-oncologia (EANO)

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Una pubblicazione sulla prestigiosa rivista Neuro-oncology descrive le linee guida del trattamento del glioblastoma cerebrale e le direzioni future su cui si muoverà la ricerca.

Il glioblastoma è il piu’ comune tumore primario cerebrale maligno. Le recenti scoperte in campo molecolare hanno messo in luce diversi tipi di glioblastoma con prognosi differenti. In questo documento viene preso in considerazione il glioblastoma IDH wild type, che rappresenta il 95% dei glioblastomi cerebrali ed ha una prognosi peggiore rispetto agli altri. La sopravvivenza a 5 anni è infatti solo del 6,8%. È opportuno precisare che la maggior parte dei pazienti con glioblastoma non ha una storia famigliare di cancro.  

Il trattamento chirurgico svolge un ruolo fondamentale nel miglioramento della sopravvivenza purché’ siano soddisfatte due condizioni: che possa essere asportato almeno il 78% della porzione captante contrasto del tumore e che siano rispettate le funzioni cerebrali del paziente permettendone una buona qualità di vita dopo l’intervento. Inoltre è sempre piu’ chiaro che si debba avere come obiettivo dell’asportazione non solo la zona del tumore captante contrasto, ma anche quella infiltrativa del cervello piu’ periferica rappresentata bene da particolari sequenze di risonanza magnetica chiamate T2-FLAIR. Pertanto il trattamento chirurgico deve essere costruito su misura per il singolo paziente in relazione alla localizzazione del tumore ed allo stato neurologico di partenza. Le nuove tecniche di neuroimaging come la risonanza magnetica trattografica per studiare le connessioni cerebrali ed il mappaggio intraoperatorio delle fibre bianche del cervello permettono di raffinare la strategia chirurgica in tal senso.

Il trattamento radioterapico e chemioterapico segue generalmente quello chirurgico. Sulla base delle caratteristiche molecolari del tumore, come ad esempio la presenza della metilazione dell”MGMT, che costituisce un fattore di resistenza al temozolomide, il principale chemioterapico utilizzato nella cura del glioblastoma, il neuro-oncologo affina la strategia di trattamento postchirurgico. Nel 20-30% dei casi sottoposti a radioterapia la zona captante contrasto del tumore sembra aumentare nei mesi successivi, pur non trattandosi di una vera progressione di malattia: questa viene definita psudoprogressione. A volte distinguere tra progressione e pseudoprogressione è difficile e può venire in aiuto l’esecuzione di una PET (tomografia ad emissioni di positroni) o un intervento chirurgico con analisi istologica e molecolare del tessuto mirato nel caso in cui il paziente sia sintomatico e non migliori con terapia medica.  Nei pazienti anziani ma in buone condizioni generali il trattamento chirurgico seguito da radioterapia con temozolmide si è dimostrato vantaggioso. Tuttavia è possibile utilizzare tecniche di radioterapia, definita “ipofrazionata”, che possano essere somministrate in tre settimane (con una dose totale di 40Gy) invece che in sei settimane (con una dose totale di 60 Gy), a vantaggio dei pazienti più fragili.

Nel momento in cui il glioblastoma mostri una ricrescita/recidiva ci sono diverse opzioni di trattamento che necessariamente devono essere valutate caso per caso. Il trattamento chirurgico rappresenta una valida opzione nella recidiva di glioblastoma se sussistono le seguenti condizioni: il paziente sia in buone condizioni generali, sia possibile asportare il tumore in modo “totale” (ovvero almeno il 98% dell’area captante contrasto), sia possibile garantire al paziente una buona qualità di vita dopo l’asportazione chirurgica. Altre opzioni di trattamento sono rappresentate da terapie chemioterapiche di seconda linea o dall’immunoterapia.

Poiché’ la prognosi del glioblastoma rimane infausta, malgrado gli avanzamenti tecnologici degli ultimi quarant’anni, lo sviluppo di trattamenti innovativi è necessario. Sulla base dei trend di ricerca attuali si pone molta speranza nelle seguenti terapie: farmaci che hanno come target il DNA del tumore, quelli che inibiscono il metabolismo delle cellule tumorali, l’immunoterapia, le terapie virali.

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