Dubbi & Domande

Anni di esperienza a contatto con i pazienti mi hanno insegnato
che il primo atto di una terapia è proprio quello di dare
una risposta agli interrogativi di un paziente.

I meningiomi della rocca petrosa anteriore si presentano prevalentemente con sintomi come dolore o disturbi della sensazione al viso, quelli medi con riduzione dell’udito o vertigini, quelli posteriori con idrocefalo, vertigini, instabilità, riduzione globale delle capacità cognitive e cefalea. La resezione chirurgica è indicata nella maggioranza dei casi sintomatici. La prognosi è molto buona con un tasso di recidive piuttosto basso.

Esistono più di 100 tipi diversi di tumori cerebrali. E l’accuratezza diagnostica è di vitale importanza per decidere il corretto trattamento da seguire. L’Intelligenza Artificiale può essere di aiuto. È stato dimostrato, infatti, che la classificazione – da parte di un sistema di Intelligenza Artificiale – dei tumori cerebrali asportati chirurgicamente o biopsiati (in base ai pattern di metilazione del DNA) consente una diagnosi di elevata precisione, riducendo il rischio della scelta di un trattamento non adeguato dovuta proprio all’incorretta classificazione del tumore.

Il sintomo più eclatante che i pazienti con cisti colloide spesso lamentano è il mal di testa, che viene descritto come intermittente, severo, molto intenso, di breve durata e, generalmente, localizzato a livello della fronte. Nausea e vomito sono molto spesso associati.
Il mal di testa sembra migliorare quando ci si sdraia, cosa inusuale per i mal di testa associati a tumori cerebrali.

Le cisti colloidi cerebrali, sebbene benigne, possono causare ostruzione del flusso del liquido cefalorachidiano nei ventricoli cerebrali e, conseguentemente, idrocefalo acuto. Questo espone i pazienti al rischio di morte improvvisa. In una ricerca sistematica sulla letteratura scientifica del gruppo della UCLA è stato confermato che i pazienti a maggior rischio di morte improvvisa hanno una cisti colloide del terzo ventricolo che ha un diametro uguale o più grande di 1 cm.
Il mal di testa che precede la morte improvvisa ha una durata di circa 2 giorni negli adulti, di 6 nei bambini.

La stragrande maggioranza degli studi concordano che l’estensione della resezione chirurgica sia uno dei fattori prognostici più importanti, assieme alla loro localizzazione.
Se la risonanza magnetica postoperatoria evidenzia un residuo – che è possibile rimuovere nel rispetto della conservazione della qualità di vita – si raccomanda un secondo atto chirurgico.

Sono tumori cerebrali che infiltrano entrambi gli emisferi cerebrali ed il corpo calloso.

Sono stati considerati per molto tempo non asportabili chirurgicamente. Tuttavia, pazienti selezionati sottoposti ad asportazione chirurgica del glioblastoma cerebrale a farfalla hanno dimostrato una migliore sopravvivenza nell’86% dei casi, senza un costo significativo in termini di funzioni cognitive.

È possibile e la diagnosi avviene generalmente intorno ai 10 anni di età. Il 60% dei bambini ha una emorragia cerebrale, il restante crisi epilettiche.

Il 15% dei bambini ha cavernomi multipli localizzati in diverse aree del cervelletto e del cervello. Il 10% dei bambini con malformazioni cavernomatose ha parenti stretti che hanno cavernomi cerebrali. Nel 20% dei casi i cavernomi sono associati a malformazioni venose, definite Developmental Venous Anomalies (DVAs).

Quando un cavernoma viene scoperto per caso il rischio di sanguinamento è dello 0,5%.Se, invece, un cavernoma ha già sanguinato il rischio sale al 18% nei primi 3 anni. Inoltre, il rischio di sanguinamento è più alto quando il cavernoma si trova nel tronco cerebrale, nel cervelletto o nei gangli della base. Infine, quando il cavernoma è associato ad una DVA, il rischio di sanguinamento aumenta.
Un rischio maggiore di emorragia cerebrale comporta un rischio maggiore di andare incontro a danni neurologici. È opportuno, quindi, valutare attentamente la possibilità di eseguire un intervento chirurgico di asportazione del cavernoma in neuronavigazione e con monitoraggi intraoperatori.

Sì e senza causare deficit. In molti casi si nota anche un miglioramento della forza di braccia e gambe.  L’intervento chirurgico di asportazione avviene combinando tecniche avanzate di microchirurgia e tecniche di mappaggio intraoperatorio delle aree cerebrali deputate al movimento. Queste aree possono essere identificate preoperatoriamente con la risonanza magnetica funzionale, ma solo il mappaggio intraoperatorio può dare allo stato dell’arte la certezza della localizzazione della funzione motoria, permettendo al neurochirurgo di preservare la funzione durante l’asportazione.

Le malformazioni cavernomatose cerebrali sono associate frequentemente all’insorgenza di crisi epilettiche. ll rischio di poter sviluppare un quadro di epilessia che difficilmente possa poi essere controllato con terapie mediche è consistente, specialmente quando i cavernomi sono localizzati nel lobo temporale.

L’asportazione chirurgica riveste un ruolo sostanziale non solo per prevenire ulteriori emorragie ed il conseguente rischio di deficit neurologici, ma anche per prevenire lo svilupparsi di crisi epilettiche farmaco-resistenti. Quasi l’80% dei pazienti sottoposti ad asportazione neurochirurgica del cavernoma sono liberi da crisi epilettiche. È importate sottolineare che la strategia ottimale per ottenere un sostanziale miglioramento delle crisi epilettiche associate al cavernoma è diversa in ogni paziente e dipende dalle caratteristiche cliniche e funzionali della lesione.

In una lettera una mia paziente descrive il dolore da nevralgia del trigemino e rende bene l’idea di quanto la sua patologia abbia influito negativamente sulla qualità di vita e come l’intervento le abbia ridato il sorriso. “Il dolore è lancinante come una pugnalata, uno shock elettrico vicino al mio naso ed alla mia guancia. Ho più di 100 attacchi al giorno, la maggior parte della durata di 20 secondi. L’intensità del dolore non è comparabile a nulla di immaginabile. Il dolore è così forte che ti ruba la mente, ti ruba tutti i tuoi pensieri e… ho pregato di morire. Non potevo mangiare, non potevo lavarmi i denti, anche parlare era diventato crudele, un tormento, cercavo di tenere la lingua lontana da qualsiasi parte della bocca per non sentire dolore. Grazie a Dio, dopo l’intervento, questo dolore è diventato solo un ricordo”.

Nei tumori del midollo spinale per poter fare una diagnosi differenziale con altre patologie non oncologiche, il neurochirurgo si serve di metodiche di risonanza magnetica avanzate. Questo è fondamentale nella formulazione della strategia chirurgica che deve tener conto sia dell’architettura strutturale che funzionale del midollo spinale.

In casi selezionati i tumori intradurali extramidollari (schwannomi, meningiomi, emangioblastomi, neurofibromi, paragangliomi, cisti epidermoidi) possono essere operati con tecnica mini invasiva.

La mente, il pensiero, il linguaggio, la memoria, i movimenti coordinati come quelli di un pianista o di un ballerino, sono tutti frutto di una mirabile rete di connessioni tra cellule nervose in differenti aree del cervello coordinata in modo straordinariamente efficace. Questa mirabile rete il neurochirurgo deve tenerla in altissima considerazione quando affronta un intervento chirurgico per asportare una lesione nel cervello, sia essa un tumore, un cavernoma o una malformazione vascolare. Lo studio costante di queste connessioni ed il loro mappaggio durante l’intervento neurochirurgico consentono di preservarle ed affinare la strategia chirurgica.

Per eseguire il mappaggio della rete di connessioni tra cellule nervose che ci permette di svolgere tutte le nostre azioni quotidiane come anche di formulare pensieri complessi necessitiamo a volte di operare mentre il paziente è sveglio (awake surgery). Il paziente sveglio durante l’intervento chirurgico è un paziente “online”, un paziente di cui il neurochirurgo può valutarne l’integrità delle funzioni anche cognitive e preservarle. Tutto questo volto a preservare la miglior qualità di vita possibile.

Quando decido di operare un paziente con una lesione del cervello penso non solo a come rimuovere tutta la lesione, ma soprattutto a come garantire la più alta qualità di vita.

Ed è allora che penso a come potenziare le riserve cognitive dei miei pazienti prima e dopo l’intervento neurochirurgico. Vi è infatti una strettissima correlazione tra funzioni cognitive e qualità della vita. Per preservare le funzioni cognitive quando opero all’interno del cervello metto in atto diverse strategie: scegliere l’approccio chirurgico che mi permetta di raggiungere la lesione senza danneggiare parti sane del cervello, utilizzare tecnologie avanzate e tecniche di microchirurgia ed endoscopia, fare affidamento su specifici parametri di performance personale.

Tuttavia tutto questo non è sempre sufficiente. Infatti, la maggior parte dei pazienti già prima dell’intervento presenta deficit importanti della sfera cognitiva (memoria, funzioni esecutive, attenzione etc). E questo perché le lesioni cerebrali come i tumori (gliomi, meningiomi, metastasi) o le lesioni vascolari (malformazioni arterovenose, cavernomi, aneurismi) danneggiano quella complessa rete neuronale che è alla base di noi stessi, del senso del sé.

Fortunatamente, è possibile potenziare le riserve neuronali prima e dopo l’intervento e favorire la formazione di nuove reti neurali che possano supplire ad un deficit e preservare il senso del Sé. È per questo che i miei pazienti ricevono un training cognitivo.

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